Il digital marketing è morto? Ritorno della pubblicità offline
Tempo di lettura: 4 minutiCon l’avvento di internet prima e dei social network poi il digital marketing è diventato con il tempo la principale voce di investimento in ambito marketing per molte aziende e attorno ad esso si sono sviluppate una serie di competenze (seo, sem, social media marketing, email marketing, user experience, e-commerce ecc.) e relative metriche per misurarne l’efficacia. Nonostante questo si sta assistendo a un’inversione di tendenza dove il marketing tradizionale sta trovando nuovi spazi a discapito di quello digitale. Vediamo il perchè
L’inversione di tendenza
Secondo i dati del sondaggio fatto da CMO Survey nell’ultima decade gli investimenti in marketing tradizionale sono diminuiti del -1,4% contro l’incremento del 7.8% del budget di marketing nell’ultimo periodo. Ma, come sottolinea Harvard Business Review, il trend sta cambiando. Basti pensare che ad agosto 2021 e febbraio 2022 i canali tradizionali sono cresciuti rispettivamente del 1.4% e del 2.9%. Dal sondaggio emerge che persino le aziende che concentrano il 100% delle proprie vendite online hanno incrementato del 11.7% gli investimenti nei media tradizionali nell’ultimo anno. A cosa è dovuto questo switch? Secondo HBR i motivi sono molteplici:
Sovraesposizione
Molti consumatori, sopratutto i più giovani, passano gran parte del proprio tempo online con una sovraesposizione ai messaggi pubblicitari per i quali stanno diventando sempre più insensibili. Un sondaggio di hubspot ha sottolineato come al 57% dei partecipanti non piacciano le pubblicità prima dei video (come dargli torto), “skippandole” appena è possibile con conseguente associazione negativa verso i brand che ne usufruiscono. Dall’altra parte marketingsherpa riferisce che oltre il 50% dei partecipanti al loro sondaggio guarda le pubblicità televisive e gli annunci stampati ricevuti per posta vengono letti con maggior attenzione. I mezzi tradizionali ricevono più copertura e coinvolgimento rispetto a quelli digitali
La fiducia del consumatore
Lo stesso sondaggio di Marketingsherpa sottolinea come tra le pubblicità ritenute più affidabili dai consumatori quelle stampate sono le migliori (probabilmente per via di un bias che le associa direttamente al giornale sulle quali sono presenti, ritenuto particolarmente affidabile) , seguite da televisione, mail, radio.
Il declino dei cookies di terze parti
Apple tramite l’introduzione dell’aggiornamento IOS 14 ha stravolto il mondo dell’advertising online, con l’obiettivo di proteggere la privacy dei propri utenti (e colpire società come Facebook per la quale quei dati rappresentano il core business) ha cambiato le regole del gioco impedendo di tracciare molti dei dati utilizzati per profilare accuratamente gli utenti, come risultato di questo uno strumento prima molto utilizzato dai marketers, Facebook audience insight, è stato chiuso. Se prima si riusciva a identificare il proprio pubblico target tramite le tantissime informazioni e microdati lasciati online dagli utenti al fine di ottimizzare al massimo le comunicazioni, oggi è più difficile. Questo va a discapito sopratutto delle piccole e medie imprese che devono fare i conti con budget pubblicitari ridotti e non possono permettersi di rischiare di sprecare risorse su un pubblico che non è il proprio, mentre i grossi player generalisti probabilmente sono stati toccati meno.
La crescita dei PODCAST
Con il forte incremento dei podcast e dei relativi ascolti negli ultimi anni è cresciuta anche la pubblicità su questi nuovi media, che per certi versi è paragonabile alla pubblicità via radio. Secondo uno studio di Edison Reserach Super Listeners 2020, la maggior parte degli ascoltati presta più attenzione a questo tipo di pubblicità rispetto ad altri formati.
L’aumento del cpc
Con l’incremento della pubblicità online nell’ultima decade anche Il CPC (Costo per Click) è aumentato di conseguenza. Facebook cosi come Google e altri social network basano la loro struttura pubblicitaria su un sistema di aste, e come in tutti i mercati se l’incremento della domanda (aziende che investono in pubblicità) supera quello dell’offerta (numero massimo di pubblicità a cui può essere sottoposto l’utente) il prezzo aumenta. Anche se ovviamente varia molto a seconda del target e della concorrenza sullo specifico settore. Questo ha fatto si che negli ultimi anni il CPC medio sia aumentato, diminuendo il divario tra i costi della pubblicità tradizionale e quella online.
La digitalizzazione della pubblicità offline
Ogni canale, che sia fisico o digitale ha le proprie perculiarità. Il primo ha la possibilità di raggiungere potenzialmente milioni di persone in poco tempo (pensiamo agli spot durante Sanremo), di “rimanere” ed essere conservato (Brochure o biglietti da visita) o di creare qualcosa che sia di impatto anche visivamente e quindi di “sembrare importanti” (cartelloni che ricoprono intere facciate di edifici, ledwall con effetti 3d ecc.), dall’altro lato la pubblicità digitale è accessibile a chiunque con qualsiasi budget (potenzialmente si possono investire pochi euro giornalieri, anche se oggi rischierebbe di avere un efficacia quasi nulla) e si può puntare a un’acquisizione attiva e mirata del cliente.
Cosi come nel retail l’omnicanalità – l’integrazione tra canale di vendita fisico e digitale – sta diventando l’obiettivo di molti brand, anche nella pubblicità l’integrazione tra fisico e digitale rappresenta probabilmente il futuro dell’advertising. Quindi integrare tutti i canali digitali (social, sito, mail ecc.) anche nel marketing tradizionale, attraverso QR code. Call to action per portare ad esempio i fruitori di una pubblicità su carta stampata verso una landing page/funnel che raccoglie le mail.
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